Cambio di stagione: un’opportunità per espandere la nostra zona di comfort

Ispirazione

Lo shake-up applicato al cambio di stagione

Che ci crediate oppure no, anche un semplice cambio dell’armadio per l’ingresso della nuova stagione può essere un’occasione perfetta per espandere la nostra zona di comfort. Sono giunta a questa conclusione leggendo la rivista americana The New Yorker, il libro di Marie Kondo, e partecipando alla sfida sul cambiamento climatico. Che cosa hanno in comune questi tre elementi apparentemente molto diversi tra loro? Un Filo Rosso: l’idea che anche un semplice cambio dell’armadio – se fatto con un pizzico di consapevolezza più – possa portarci ad espandere la nostra zona di comfort.

Filo Rosso / Fil Rouge / Red Thread

Avete mai provato a guardare con una sorta di distacco la realtà che vi circonda? Vi siete mai trovati dentro una situazione ma al tempo stesso degli osservatori esterni della stessa? Vi è mai capitato di vedere un’immagine, una scena, un luogo, delle persone, alcuni oggetti, determinati argomenti o notizie più disparate, quasi a rallentatore? In tutti questi casi spesso ciò che riusciamo a riconoscere in modo molto chiaro è una sorta di link che collega tutto – anche se questo tutto apparentemente non ha nulla in comune. Questo è esattamente ciò che mi è capitato di recente quanto ho trovato il Filo Rosso di cui sto per parlarvi.

Mi piace molto andare alla ricerca di una sorta di filo conduttore tra situazioni, oggetti o circostanze della mia vita e del mondo che mi circonda. In Italia usiamo quasi indistintamente le espressioni Filo Rosso o Fil Rouge. In America dopo qualche tentativo non proprio andato a buon fine, ho scoperto che è bene parlare di Red Thread ma la sostanza non cambia.

“Fil Rouge significa letteralmente Filo Rosso e viene solitamente inteso col significato di filo conduttore. Il termine è utilizzato in diversi ambiti. Venne usato da Goethe nel suo famoso romanzo “Le affinità elettive”, riprendendo il concetto che Freud utilizzò per definire l’inconscio. La sua origine è marinaresca: per districare le gomene di una nave si seguiva un Filo Rosso che rendeva possibile separare l’una dall’altra le corde aggrovigliate.

Una leggenda di origine cinese racconta che tutti noi nasciamo con un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Questo filo viene chiamato il filo rosso del destino. Esso ci lega alla persona a cui si è destinati, alla nostra metà, alla nostra anima gemella. Le anime prima o poi sono, quindi, destinate ad incontrarsi e ad unirsi. Non importa il tempo che dovrà passare, gli eventi della vita o lo spazio che separa le due anime, perché il filo che le unisce non si romperà mai e nessuna circostanza potrà impedire alle due metà di incontrarsi e alla fine unirsi.” – FilRouge

Credo che cercare il Filo Rosso nelle occasioni – senza apparenti correlazioni – che la vita e l’ambiente in cui viviamo ci riserva, sia un ottimo esercizio anche per allenare e sviluppare la nostra creatività (da provare insomma!).

Ma torniamo alla storia che vorrei raccontarvi. Che cosa hanno quindi in comune la rivista americana The New Yorker, il libro di Marie Kondo e la sfida sul cambiamento climatico? Dal titolo dell’articolo avrete in parte già intuito di cosa si tratti, ma permettetemi di portarvi con me alla scoperta del Fil Rouge che ha catturato la mia attenzione. Questo metaforico Filo Rosso supporta infatti proprio il messaggio chiave dell’articolo: anche un cambio dell’armadio se fatto con la giusta consapevolezza, può portarci ad espandere la nostra zona di comfort. Sono quasi sicura che non ci abbiate mai pensato.

The New Yorker

Come ogni anno a Settembre, anche quest’anno ho deciso di “ripartire” puntando alla mia formazione/intrattenimento e ho, tra le altre cose, finalmente deciso di abbonarmi al The New Yorker – la rivista settimanale americana incentrata sulla vita culturale di New York. La prima copia che ho ricevuto è stata il numero del 21 Ottobre 2019 dove ho trovato l’articolo di Susan Orlean, After a fashion. TheRealReal brings high-end goods into the “circular economy” Il nostro immaginario Filo Rosso parte da qui.

L’espressione economia circolare potrebbe avervi già dato l’idea di dove stiamo andando a parare. L’articolo parla della piattaforma di e-commerce chiamata TheRealReal, che vende oggetti di lusso – abbigliamento, borse, scarpe, accessori e altro – di seconda mano. L’idea di vendere abiti usati online non è nuova oggi e non lo era neanche nel 2011, ma la fondatrice Julie Wainwright, puntando su un approccio globale e su oggetti di alta gamma, è riuscita a ritagliarsi un suo spazio e TheRealReal è oggi un caso di successo.

Devo ammettere che la mia conoscenza del mercato dell’usato – in particolare di abbigliamento, scarpe e accessori di seconda mano – si limitava a alcuni test fatti sia qui in America sia ai tempi di Milano con qualche App del momento (Depop, Letgo, ect). Un approccio abbastanza tattico insomma e sicuramente non conscio del potenziale reale impatto che scelte come quelle di inserire il mercato dell’usato tra le opzioni a disposizione quando si tratta di shopping, possono avere. L’articolo mi ha fatto venir voglia di saperne di più, e a colpirmi sono stati alcuni dati nei passaggi che ho selezionato qui di seguito.

“Secondo un rapporto dell’azienda ThredUp, che si definisce il più grande negozio online di articoli usati e che ha utilizzato la ricerca di GlobalData, una società di analisi del commercio al dettaglio, nel 2018 il mercato del second hand valeva ventiquattro miliardi di dollari, e le previsioni stimano che raggiungerà i sessantaquattro miliardi di dollari entro il 2028, arrivando a valere una volta e mezza le dimensioni dei grandi del fast-fashion come: Zara, H&M e Forever 21.– The New Yorker

Quindi innanzi tutto portiamoci a casa che esiste un bel mercato e che le previsioni sono previsioni di crescita. Ad attirare la mia attenzione è stata anche la considerazione legata alle attitudini e ai comportamenti di chi si rivolge al mercato dell’usato.

“Alcune persone potrebbero pensare che comprare vestiti usati sia sgradevole, ma nove milioni di persone in più hanno comprato vestiti di seconda mano nel 2017 rispetto al 2016 e, secondo Rise of the Fashion Resale Marketplace, un rapporto pubblicato all’inizio di quest’anno dalla banca di investimenti Raymond James, il sessantadue percento delle donne afferma di aver acquistato o di voler comprare di seconda mano”. – The New Yorker

Perché acquistare capi di seconda mano?

Tra le altre motivazioni, “il trenta per cento ha affermato che l’acquisto di capi di seconda mano è una scelta responsabile per l’ambiente. La moda è una delle industrie più inquinanti al mondo. Prolungare la vita di un capo di abbigliamento o di un paio di scarpe, facendola diventare parte dell’economia circolare – beh, lo tiene fuori dalla spazzatura.” – The New Yorker

L’articolo ha così iniziato a farmi riflettere sui miei comportamenti quando si tratta di gestione dell’armadio; sull’importanza e sull’impatto delle mie scelte anche quando si tratta di abbigliamento, scarpe, borse, accessori, etc. È incredibile quanto cambiare la prospettiva da cui guardiamo certe cose della nostra vita quotidiana possa aprirci mondi di consapevolezza inaccessibili anche solo qualche istante prima.

Queste riflessioni – in questo particolare momento della mia vita – hanno trovato probabilmente terreno fertile. Già da qualche mese infatti ho iniziato ad approcciare il mondo dello shopping in modo molto più consapevole. Sono assolutamente all’inizio del mio percorso e devo imparare ancora un sacco di cose. Il cambiamento più importante da fare è innanzi tutto un cambiamento di mindset – dell’approccio mentale che abbiamo anche solo nell’affrontare la questione, e delle domande che ci poniamo.

Nel mio caso sono cresciuta con un mito: quello di avere armadio e scarpiera enormi – se avete visto anche solo una puntata di Sex and the City sapete di cosa parlo. Questo – non lo nego e non me ne vergogno – è il mio punto di partenza (ne ho di strada da fare insomma!).

Ricordo perfettamente i miei anni a Milano e i miei weekend trascorsi tra Via Torino e Corso Vittorio Emanuele alla ricerca dell’accessorio per completare il mio stile, dell’ennesima giacca per l’ufficio, della migliore occasione e così via. Da buona marchigiana non posso non parlare delle mie “spedizioni scarpe” – quando il 37 ti apre le porte di tutti i campionari della zona! Poi sono arrivata a New York e ho tradito i Department Store dei primi anni con le mitiche Sample Sales!

Long story short – ho finito per essere letteralmente sommersa da un’enorme quantità di vestiti stipati in un appartamento di circa 70 metri con una sola camera!

Meno male che la frequenza con cui abbiamo cambiato appartamento è stata abbastanza alta. Cambiare casa significa provare a fare pulizia. Ed è proprio durante l’ultimo trasloco che ho “incontrato” Marie Kondo. Per prepararmi psicologicamente ho letto la versione Inglese del libro che in Italiano si intitola “Il magico potere del riordino. Il metodo giapponese che trasforma i vostri spazi e la vostra vita.”

Marie Kondo

L’immaginario Filo Rosso continua proprio con Marie Kondo. Riconosciuta come una delle “100 persone più influenti al mondo da Time Magazine nel 2015“, Marie Kondo ha scritto quattro libri sull’organizzazione, che hanno venduto collettivamente milioni di copie e sono stati tradotti dal giapponese in diverse lingue. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, su Netflix la serie che fa eco ad uno dei suoi libri Tidying Up with Marie Kondo, sta avendo un grande successo.

Il mantra del suo metodo – il KonMari – è incentrato sullo scegliere ciò che ci fa stare bene, e che ci procura joy/gioia.

Il metodo KonMari ™ incoraggia a riordinare per categoria, non per posizione, e a partire dai vestiti, passando poi a libri, documenti, komono (articoli vari) e, infine, ad articoli con un valore sentimentale. L’invito è a conservare solo quelle cose che parlano al cuore e a scartare gli oggetti che non danno più gioia dopo averli ringraziati per il loro servizio. – KonMari

Il caos degli oggetti inutili soffoca non solo le nostre case, ma anche le nostre anime. Marie Kondo invita a liberarci di tutto ciò che non ci ispira emozione, perché solo circondandoci di cose che ci danno gioia potremo essere felici. La vita vera comincia dopo aver riordinato. E Marie Kondo inizia proprio dai vestiti come categoria. Due elementi del suo approccio mi hanno particolarmente colpita sono il filtro e l’effetto duraturo.

Il filtro usato dal suo metodo suggerisce di mettere in ordine i propri spazi, l’armadio in questo caso, selezionando e tenendo ciò che come lei afferma sparks joy – cioè ciò che ci dà gioia. È interessantissimo ritrovare il tema delle emozioni anche nella gestione dell’armadio e dell’economia domestica. Inoltre seguire il metodo giusto evita “la ricaduta” ovvero evita che dopo la mega pulizia e sistemazione iniziale si ricada nella stessa situazione dopo poche settimane o mesi. L’effetto è duraturo poiché cerca proprio di favorire un cambiamento di mentalità. Non si tratta solamente di eliminare ma anche di acquistare in modo molto più consapevole.

La sfida del cambiamento climatico

Ci siamo confrontati con i piccoli cambiamenti del modo in cui approcciamo la nostra quotidianità con la sfida sul cambiamento climatico: la #ShakeUppersActNow. Ed ecco che ritorna il Filo Rosso.

Tra le dieci azioni raccomandate dalle Nazioni Unite nella campagna #ActNow che ha ispirato la sfida, ce n’è una chiamata Zero Waste in Fashion che punta alla sensibilizzazione proprio in tema abbigliamento.

L’industria della moda è la secondo industria al mondo per consumo di acqua. Diecimila litri di acqua – equivalenti a quanto una persona beve in 10 anni – sono necessari per produrre un solo paio di jeans. Attingendo al mercato dell’usato e comprando in modo più consapevole, possiamo aiutare risparmiare acqua e ridurre gli sprechi.

Il Filo Rosso che ci ha accompagnati in questo viaggio tra The New Yorker, Mari Kondo, e la sfida sul cambiamento climatico, si conclude son una riflessione.

Cosa frena un approccio più consapevole nella gestione del nostro armadio?

Per TheRealReal è “La passività! Avere cose nell’armadio semplicemente sedute lì, piuttosto che decidere di dare loro una seconda vita e consegnarle a noi!” – The New Yorker

Quando leggo passività penso immediatamente ad una parola: comfort. Comfort significa accettare di vivere la nostra quotidianità per pigrizia. Comfort significa acquistare per inerzia senza preoccuparsi dell’impatto che la nostra ennesima t-shirt ha sull’ambiente. Comfort significa scegliere di non circondarci solo di oggetti che ci danno gioia. Comfort significa non valutare alternative come il mercato dell’usato che alimenta un’economia circolare.

Il Filo Rosso mi ha portata a riflettere sull’impatto ambientale delle mie scelte quotidiane anche in tema di abbigliamento; sull’opportunità che abbiamo di circondarci – e di farlo consapevolmente – solo di ciò che ci fa stare bene e sull’opportunità che abbiamo di espandere la nostra zona di comfort al mercato dell’usato.

Credo che lo shake-up ci sia tutto.

È cool aprire il proprio armadio e pensare di essere Carrie Bradshaw.

È appagante – e quindi ancora più cool – aprire il proprio armadio e pensare di essere se stessi – orgogliosi di una scelta consapevole.

Siete pronti per il vostro shake-up?

Photo by Canva


Articoli recenti


Categorie


Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter

Articoli recenti:

Lascia un commento